Nel 2003 Mery Rigo dipinse un quadro che rappresentava il fondo di un vaso di vetro, seppur iperrealista nella tecnica, il soggetto appariva comunque astratto. Nacque così Estratto n° 1 dal fondo di un vaso.
Nel novembre 2003, nel contesto della mostra personale alla galleria Wunderkammer di Torino, espone l’Estratto n° 1 ed i primi quadri estrattisti.
Nell’ottobre del 2005, Mery Rigo, con la mostra personale Estrattismo, presso la Galleria Alberto Vattiata, espone il primo manifesto dell’Estrattismo.
IL MANIFESTO DELL’ESTRATTISMO
ESTRATTISMO è il processo attraverso il quale l’artista fraziona l’oggetto creandone tanti frammenti in una sorta di grande puzzle.
L’ESTRATTISMO prende origine il più delle volte, dalla contaminazione fra pittura e fotografia.
L’artista può creare l’opera pittorica direttamente sulla tela partendo da un’ottica fotografica, o avviare un primo studio fotografico di un soggetto che avrà invece il suo sviluppo con lo strumento della tavolozza.
Tema dominante della sua sperimentazione – tra tecnica e contenuto – è l’urgenza di catturare l’immagine all’interno di un riquadro, scandagliandone il profondo attraverso forme geometriche. Una riflessione visiva e poetica sulla contemporaneità e sul condizionamento dell’uomo odierno che guarda attraverso finestre diverse: il vetro della sua auto, il computer, la televisione, il videotelefono, ecc.
L’esigenza dell’artista di frazionare l’oggetto nasce dalla necessità di esaltare il valore del frammento rispetto al tutto, evidenziando attraverso il taglio l’essenzialità e l’importanza di ogni singola tessera. Il frammento ottenuto da tale processo si chiamerà ESTRATTO, che diventa ulteriormente divisibile in altri estratti. Ecco che l’Estrattismo diventa così un processo infinito di divenire la cui struttura è paragonabile a quella della ricerca scientifica che arriva a dividere l’atomo o a quello dell’informatica nella sua archiviazione piramidale.
L’ESTRATTISMO è l’esaltazione del particolare sul generale, la superiorità del semplice sul complesso. Un modo di guardare ciò che ci circonda con occhi diversi, per osservare da un punto vista più vicino l’oggetto e carpirne l’essenza più intima e semplice.
L’Astrattismo giunge all’essenza dell’oggetto attraverso la sublimazione del generale, l’Estrattismo arriva invece all’essenza attraverso la contemplazione del particolare.
L’ESTRATTISMO è una tendenza artistica che attraversa varie correnti, e si sviluppa sulle tracce lasciate dalla storia dell’arte nel corso dei secoli.
L’ESTRATTISMO è la coscienza di una condivisione possibile tra gli artisti contemporanei, ciascuno con il proprio linguaggio ma aperto a una sensibilità comune.
Mery Rigo
ESTRATTISMOLANDIA (CITTÀ DI COLORI ED EMOZIONI)
Farsi attraversare dalle emozioni e rappresentarle, metterle in scena: c’è un angolo ai margini della pittura, dove una (nuova) corrente muove sensazioni.
Estrattismo.
Una mediazione tra tanti microuniversi di realtà, di iperrealtà, un contatto che si stabilisce tra visibile e invisibile, tra ordine e caos.
Estrattismo.
Una via di mezzo tra il “prima” e il “dopo” della pittura come interpretazione del sogno e capace di accedere ad una dimensione fuori dal tempo e dalla logica, che oscilla tra divinazione ermetica e le frasi di senso comune.
Il linguaggio di un artista è oggi molto più ricco di un tempo, le idee circolano e si materializzano, a seconda dei casi, in materiali diversi. Esiste in pittura il “gesto soggettivo” o l’autobiografismo dell’artista che cerca di tracciare la “biografia” di un luogo di appartenenza attraverso la rappresentazione di oggetti riconducibili all’uomo e subordinati al potere dell’uomo che li riproduce.
Estratt-ismo. E-s-t-r-a-t-t-i-s-m-o. E-strattismo (leggiamolo come ci pare).
Esso è un limite sottile tra veglia e sogno. Una fuga dall’aggressività per dare alla figurazione una trama, un racconto, un linguaggio carico di romanticismo.
Estrattismo non è un processo di colonizzazione del mondo artistico, ma una ulteriore espansione di un linguaggio pittorico. Un’oasi felice, una “white box” in piena fioritura.
Pittura che abolisce lo spazio e il tempo. E così annulla anche la noia.
Ogni opera di Mery Rigo viene bene da sfogliare come un album fotografico, quasi come a far scorrere in una lanterna magica la sua vita, di pittrice e no. Ammesso che le due cose non siano tutt’uno. Un album grande dove tutti i quadri sono umili, veri, disegnati e pieni di ricordi. Come una attesa di ciò che deve arrivare.
Quale stagione? (Primavera, Estate, Autunno, Inverno). Tra le infinite cose perdute Mery (e non Mary perché lei è italianissima) si accosta con semplice purezza ad un albero, un fiore, alla musica di un racconto.
Immagini iperreali fatte di silenzio, così semplici e così complicate. Esse ti restano sulla retina, ma anche in fondo al cuore. Immagini e poi ancora immagini e tanti quadri che rispecchiano il tempo fino a ieri, perché domani potrebbe essere una illusione dove finisce questo caleidoscopio di sogni: o meglio finisce per ricominciare perché arriverà un’altra mattina, un altro titolo, un altro quadro.
Estrattismo vuol dire andare verso la verità della pittura che spinge l’artista a rovesciare la sua scrittura visiva nella sua antitesi, non più bianco su nero, ma nero su bianco.
Nero immaginario: perché nel nero ci sono tutti i colori.
Quei colori con i quali Mery Rigo ha creato un concetto di razionalità pittorica. L’attenzione alle cose comuni che interagiscono con i luoghi e i percorsi della vita legati ad un altro concetto, quello di funzione. Essa forma un “grado zero” del linguaggio, un veicolo dei significati primari del vocabolario visivo. Dipinti che camminano sul filo della concretezza, senza dimenticare la presenza dell’umano e del dialogo tra gli opposti (luce e ombra), restituendo una vero-somiglianza che è perfetta riflessione dell’identità dell’artista, sempre aperta al piacere di trovare e di trovarsi, così da offrire altre aperture, altre scoperte.
Pittura come sguardo.
Pittura come domanda.
Pittura come visione.
Sguardo. Domanda. Visione. Elementi che sconvolgano e rassicurino, sprigionino interrogativi e forse anche risposte sull’esistenza dell’arte e dell’artista.
Mery Rigo non corteggia l’imprevisto e l’avventura, anzi si propone ad ottenere una pittura trasparente, legata allo spazio, ad una condensazione di luce. Caratteristica fondamentale viene dall’ombra-riverbero, come forza misteriosa, che fa delle composizioni una propagazione di fascino del personale e del sensibile. Ogni pennellata diventa il veicolo di un dispiegamento fresco ma essenziale concentrato su una fioritura dilagante del proprio linguaggio e della propria espressività che non può avere limiti e che ha raggiunto una potenza liberamente assoluta.
Giuseppe Biasutti
ASTRARRE PER ESTRARRE
Partire dall’Iperrealismo per dilatare il particolare ed esasperarlo, fino a condurlo, attraverso l’astrazione lirica, alla sua essenza più profonda , così “estratta” e portata alla luce senza che essa perda il suo mistero. Questo in sintesi l’affascinante percorso di ricerca che ha condotto Mery Rigo alla rielaborazione del suo “Manifesto dell’Estrattismo”, frutto di una trasversale indagine intorno alle sottili relazioni che legano movimenti e tendenze. L’osservazione della natura e della realtà, il recupero del mestiere di artista, capace di esprimere con la completezza tecnica le pulsioni della mente e dello spirito, rappresentano gli strumenti fondamentali della sua sperimentazione mirata a cercare nell’antico per trovare il nuovo. Colori brillanti e inquadrature geometriche, per sezionare l’immagine in un mosaico dove ogni frammento risulti parte fondamentale del tutto pur mantenendo la propria identità di piccolo universo libero e a senso compiuto, è la grammatica visiva con la quale l’artista dipana il suo racconto: una narrazione che come i suoi quadri trovano sintonie collettive ma al contempo si raccolgono in un personale intimismo del tutto svincolato intellettualmente e stilisticamente da ascendenze accademiche.
Così, se i suoi fiori richiamano alla magia sensuale e cromatica dell’americana Georgia ‘O Keefe – di cui accoglie e condivide l’idea che la gente distratta dovrà comunque posare il suo sguardo sulla meraviglia di un petalo – da questa si distacca poi totalmente per seguire percorsi “altri”, con occhio attento alla contemporaneità. Il fenomeno di massa ad esempio, che vede le persone subire inconsciamente le modificazioni prodotte da occhiali, schermi e vetri, che con le loro forme incorniciano oggetti e paesaggi, rappresenta una delle tematiche centrali della sua investigazione pittorica, dominata dal desiderio di andare oltre l’apparenza, anzi di spingersi così a fondo da sviscerarne l’anima. Un’anima imprevista e vibrante di percezioni sfumate, possibile punto di partenza per ulteriori e inedite possibilità di ricerca.
Silvana Nota
ESTRATTISMO: ESALTAZIONE DEL PROFONDO
ESTRATTISMO: da estrarre, tirare fuori, portare alla luce per far conoscere.
Un’operazione dal sapore alchemico, antica quanto moderna, socratica (prassi maieutica) e al contempo in linea con alcune tendenze fisico-filosofiche all’avanguardia.
Mery Rigo forse riscopre l’uovo di Colombo ma ha l’intuizione per farlo, in un mondo dove il concetto del ‘grande’, del ‘forte’, del ‘massiccio’, della ‘visibilità a tutto tondo’ impera più che mai.
No. Qui ci si tuffa nel profondo per scandagliarlo nei minimi recessi.
Il Particolare diviene Fondamentale, a conforto della similitudine microcosmo=macrocosmo.
Già perché tutto ha un contrario e un analogo, come gli Antichi ci hanno insegnato.
Ecco allora l’artista operare in modo da far scoprire piccoli mondi scaturiti da un frazionamento, da un vuoto che s’identifica con un universo sconosciuto in grado di librare la fantasia e di far sognare.
L’arte è sogno, possibilità di dar vita a pensieri, sensazioni, desideri inconsi; possibilità di dar corpo a ciò che sta dietro l’angolo, dietro il bordo della mente.
L’Estrattismo rappresenta dunque, a pieno titolo, una chiave di accesso assolutamente valida e tutta da sperimentare.
Marcello Ferrara
GENESI DI UN MOVIMENTO
Le idee nuove stanno nell’aria, esprimono l’epoca in cui prendono vita, si moltiplicano da individuali a collettive comunicando in sintonia secondo intrecci non scritti.
Aspettano di essere raccolte, decodificate, prese a prestito per nuovi percorsi dagli orizzonti aperti: scientifici, sociali, artistici.
Il rapporto visivo frammentato con la realtà che ogni giorno subisce passivamente la società globalizzata, costretta suo malgrado e non, a guardare attraverso piccoli e grandi schermi (dal computer al cellulare, dalla tv alla lente degli occhiali sempre diversi per mode e caratteristiche), è ciò che ha colto il movimento estrattista, che dal disagio e dall’inquietudine di una confusione epocale, ha tratto il senso della sua poetica che ne rovescia il problema e lo trasforma in valore aggiunto.
L’individuo perennemente presente – assente, distratto a digitare messaggi, a telefonare, a guardare video portatili che lo conducono fuori da ogni dimensione autenticamente reale (per qualche ragione è sempre distratto dal suo presente ma è comunque assente dal luogo del contatto virtuale), viene condotto attraverso l’arte estratta, ad un viaggio nell’interiorità alla ricerca di un microcosmo in grado di rivelare la bellezza nascosta delle cose.
Una bellezza che coincide non già con il riferimento a un preciso canone estetico che nell’arte contemporanea ha più che in altri periodi storici ribaltato i suoi modelli, bensì con una bellezza che significa scoperta di un mondo altro, pulsante e ricco di significati sotto l’apparenza delle cose.
Due gli affluenti d’indagine che hanno condotto alla genesi dell’Estrattismo: da una parte la constatazione che l’arte contemporanea internazionale, pur non collegata da un filo conduttore (anzi con intenti marcatamente diversificati), ha largamente fatto uso di “tagli”, smembrando l’immagine fino a darne una visione totale ma al contempo frazionata: Oldemburg, Hockney, Rosennquist, per citarne alcuni celebri, ma è vastissimo il repertorio, tra artisti esordienti o meno noti, che ne esprimono anche numericamente la tendenza sempre più forte a recepire e tradurre sensazioni e immagini come in un moderno mosaico.
Dall’altra, la possibilità di esaltare il particolare come salvaguardia dell’unicità contenuta nell’universo che ci circonda, utilizzando il dialogo espressivo e simbiotico tra pittura e fotografia – e per estensione alle altre arti – al fine di esaltare il lato buono della solitudine intimistica, via d’uscita all’alienazione metropolitana e interiore.
A tali conclusioni è approdata inizialmente la pittrice e fotografa Mery Rigo, che ha teorizzato gli elementi fondamentali dell’Estrattismo, e a cui si sono uniti, provenendo da strade diverse di ricerca ma comuni nella struttura contenutistico-formale, altri sette artisti, che nell’ambito della mostra “Cutters. ArtEstratta in Movimento” svoltasi nel 2006 a Moncalieri presso l’associazione “La Città e l’Arte”, hanno aderito e firmato il primo MANIFESTO DEL GRUPPO ESTRATTISTA.
Gianni Bergamin, Rosanna Bonavia, Mariella Loro, Mery Rigo, Maurizio Rivetti, Luisella Rolle e Stefano Stranges, hanno stilato e condiviso i termini dell’originaria ricerca già fin dagli esordi, consolidata e focalizzata su precise direttrici tra cui si individuano alcuni punti chiave:
narrazione mai fine al descrittivisimo ma incentrata sul contenuto come primaria esigenza linguistica;
scansione sequenziale delle immagini quale sfondo basilare per l’esaltazione del particolare;
libertà personale di sperimentazione;
attenzione all’aspetto esistenziale della tematica che prevede l’indagine intorno alla correlazione tra vita e ambiente che la circonda.
Punti-chiave e sintesi embrionale di una sperimentazione sinergica e di confronto per un dibattito in evoluzione, che nell’intento e nei programmi dei protagonisti, intende essere aperto e impegnato anche sul versante della professionalità dell’artista e il suo ruolo attivo nella società odierna.
Dal catalogo “ Estrattismo – Genesi di un movimento-iniziative editoriali”
Silvana Nota